La collaborazione è considerata uno strumento importante all’interno del luogo di lavoro e negli ultimi dieci anni si è passati progressivamente ad ambienti di ufficio più “aperti”.

Negli ultimi mesi, milioni di impiegati hanno approfittato dell’opportunità di lavorare da casa in qualche modo e, quando torneranno in ufficio, molti di loro spereranno in un maggior numero di barriere fisiche a dividerli dai colleghi, piuttosto che il contrario. Tenendo conto di ciò, ora sembrerebbe il momento perfetto per valutare se uno spazio di lavoro “aperto” sia realmente efficace nel migliorare la collaborazione. Per fortuna, gli scienziati dell’Università di Harvard hanno già eseguito uno studio al riguardo, e i risultati non sono proprio quello che ci si potrebbe aspettare.

I ricercatori hanno condotto un esperimento basato sull’intervento ed esaminato empiricamente l’effetto della transizione di due sedi centrali verso un luogo di lavoro con configurazione open space. Nonostante ciò che molte persone potrebbero credere, i ricercatori hanno scoperto che trasferirsi in un ufficio aperto riduceva il volume delle interazioni faccia a faccia e che il passaggio era associato a una maggiore tendenza a interagire elettronicamente (via e-mail e messaggi istantanei).

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Philosophical Transactions of the Royal Society, è il primo a valutare empiricamente la relazione tra interazioni faccia a faccia e la correlazione del passaggio a un ufficio aperto. I risultati dovrebbero aiutare i manager nel discutere di certi aspetti organizzativi, quando molte aziende prenderanno in considerazione modifiche all’architettura degli uffici alla luce del recente blocco causato dalle quarantene.

 


Lo studio

Ethan S. Bernstein, Stephen Turban “The impact of the ‘open’ workspace on human collaboration” Philosophical Transactions of the Royal Society B37320170239
DOI:10.1098/rstb.2017.0239

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Crediti immagine: pressfoto